Prolasso organi pelvici
Il pavimento pelvico è l’insieme di strutture muscolari, fasciali e ligamentose che chiudono il piccolo bacino sostenendo gli organi pelvici (vescica, uretra, utero, vagina e retto) e garantendo la continenza. Pertanto non deve essere considerato come un unico compartimento ma come un complesso di strutture sinergiche in grado di garantire molteplici funzioni.
Esso si compone di diverse strutture anatomiche:
Peritoneo, visceri pelvici, fascia endopelvica, muscolo elevatore dell’ano, membrana perineale, muscoli genitali superficiali. Il supporto per tutte queste strutture arriva dalle connessioni al bacino osseo dai legamenti ossei dalle strutture muscolari-tendinee e dai legamenti cardinali e uterosacrali.
L’interazione e l’integrità di queste strutture è essenziale per garantire la normale funzionalità ed anatomia della pelvi. Se uno di questi fattori fallisce, l’esito può essere rappresentato da incontinenza o da prolasso degli organi pelvici.
L’Internationa Urogynecological Association (IUGA) e International Continence Society (ICS), hanno definito il prolasso come la discesa di una singola o plurimo organo mediante la parete vaginale. La vescica che discende nella parete vaginale anteriore determinerà un cistocele, il retto nella parete vaginale posteriore provocherà un rettocele, l’utero (cervice) sarà causa di isterocele o prolasso dell’apice vaginale (volta vaginale dopo isterectomia).
Negli Stati Uniti, il prolasso degli organi pelvici (POP) è la causa di oltre 300.000 procedure chirurgiche all’anno con un onere stimato per il sistema sanitario di 1 miliardo di dollari.
Il trattamento del prolasso genitale non è importante solo per la salute delle donne, ma ha anche un forte impatto sulla pianificazione e gestione degli accessi alle cure sanitarie delle donne.
È difficile stimare la reale prevalenza del prolasso. Il motivo è che esistono diversi sistemi di classificazione ed è sconosciuto quante donne realmente si rivolgono a valutazioni mediche.
Si stima che il POP è una condizione che si verifica fino al 50% delle donne con prole, ma solo il 10-20% di esse si rivolgono ad uno specialista.
L’eziopatogenesi del prolasso degli organi pelvici è multifattoriale con fattori di rischio sia ambientali che genetici.
Il parto rappresenta il fattore di rischio principale per il prolasso, presumibilmente dovuto ad un trauma conclamato o occulto del pavimento pelvico, in particolare in seguito a stiramento, compressione o avulsione delle strutture muscolari nervose e vascolari durante il travaglio provocando compromissione strutturale e/o denervazione dell’elevatore dell’ano.
Rispetto alle nullipare, le donne con 1 figlio hanno 4 volte più probabilità di sviluppare un POP mentre le donne con 2 figli presentano un rischio 8,4 volte maggiore.
Altri fattori ostetrici possono influenzare il rischio di prolasso. Il parto vaginale con l’uso di forcipe è associato ad un aumentato rischio di trauma dell’elevatore.
Anche fattori come il peso alla nascita del neonato (>4500 g), il parto vaginale di un neonato macrosomico, una fase del travaglio prolungata e un’età < 25 anni del primo parto sono associati allo sviluppo di POP.
Un indice di massa corporea elevato >25 è associato a un rischio due volte maggiore di avere prolasso rispetto al peso normale.
La menopausa e l’età stessa rappresentano un importante fattore di rischio per lo sviluppo del prolasso degli organi pelvici. Il ruolo della menopausa è legato alla carenza degli estrogeni che determina atrofia dei supporti muscolo-connettivali.
Pazienti con connettivopatie come la sindrome di Marfan o Ehlers-Danlos presentano tassi elevati di POP.
Inoltre le donne ispaniche ed europee sembrano avere un rischio maggiore rispetto alle donne africane o asiatiche.
Malattie respiratorie croniche, la costipazione rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza e l’aggravamento del prolasso genitale. L’aumento della pressione intraddominale porta ad un indebolimento strutturale cronico e progressivo delle strutture del pavimento pelvico.
Una pregressa chirurgia pelvica ed in particolare l’isterectomia si associa ad un rischio maggiore di sviluppare prolasso rispetto alla chirurgia eseguita per altri indicazioni mediche
Il fumo determina danno vascolare periferico a carico delle strutture muscolari provocando fibrosi tissutale.
Condizioni come diabete mellito, morbo di Parkinson o sclerosi multipla o condizioni acute, come un ictus possono causare una neuropatia periferica che potrebbe influenzare il supporto degli organi pelvici.
Una valutazione completa del prolasso degli organi pelvici richiede pertanto un inquadramento completo sia generale che specialistico.
E’ necessario valutare:
- Storia familiare
- Anamnesi patologica remota e farmacologica
- Anamnesi patologica prossima
- Esame obiettivo e quantificazione del POP
- Imaging ed esame strumentale
L’anamnesi patologica remota può evidenziare vari fattori di rischio che affliggono la paziente mentre l’anamnesi farmacologica può correlarsi con molti farmaci, frequentemente utilizzati nella popolazione adulta, determinati sintomi del basso tratto urinario od alteranti la capacità e sensibilità vescicale come antipertensivi, antidepressivi ed antipsicotici.
È importante indagare sui principali sintomi lamentati dalla paziente, per comprendere la loro gravità, l’età di esordio e la progressione nel tempo.
Donne con prolasso degli organi pelvici spesso soffrono di un’ampia e varia sintomatologia.
Sintomi specifici di prolasso :
- “senso del peso” è un sintomo aspecifico. Appare spesso in donne con prolasso, ma è comune ad Infezioni del basso tratto urinario lombalgia e disturbi intestinali. Non è correlato con il grado di prolasso né con un compartimento specifico.
- “senso di rigonfiamento”, di corpo estraneo, è tipico delle pazienti con prolasso ed è correlato ad un grado più avanzato. Si deve valutare il grado il suo peggioramento durante il giorno, la relazione con determinate attività come il sollevamento pesi, presenza di dolore o sanguinamento, associazione con disfunzione della vescica o dell’intestino,o implicazioni con l’attività sessuale e sociale
- Splinting: la necessità di ridurre manualmente il prolasso o applicare pressione al perineo, alla vagina o al retto, per facilitare la minzione e/o defecazione.
- Lombalgia correlata ai nervi sensoriali che innervano il rene e l’uretere, talvolta associata alla dilatazione delle alte vie urinarie in caso di eversione completa.
Sono tipici e legati allo stadio del prolasso i sintomi di riempimento:
- Incontinenza urinaria da sforzo: la perdita involontaria di urina, con aumento della pressione intra-addominale, è spesso associata a prolasso di basso stadio. In caso di prolasso ad alto stadio, il riposizionamento delle pareti vaginali può smascherare l’urina incontinenza sotto stress test che, in questo caso, viene definita “occulta”.
- Frequenza: aumento della frequenza minzionale; è spesso correlata ad infezione del basso tratto urinari basso livello urinario, ma può anche essere associata a malattia ostruttiva con elevato volume residuo vescicale.
- Incontinenza urinaria da urgenza: una perdita improvvisa e incontrollata di urina associata ad una sensazione di urgenza.
Sintomi e disfunzioni dello svuotamento:
- Esitazione: la difficoltà nell’iniziare la minzione; può essere associato ad ostruzione uretrale o lussazione della vescica.
- Svuotamento incompleto: la sensazione di non aver svuotato completamente la vescica dopo la minzione. Questa condizione, se non riconosciuta, può causare infezioni croniche del tratto urinario e danni al tratto urinario superiore.
- Flusso intermittente o ipovalido con uso del torchio addominale o riposizionamento del prolasso o assumendo posizioni particolari per completare lo svuotamento.
- Gocciolamento post-minzionale: la perdita di gocce di urina dopo la minzione frequentemente associata ad un diverticolo uretrale ma anche ad un cistouretrocele o ad iperattività detrusoriale.
Disfunzioni della sensazione:
- Disuria: minzione dolorosa o fastidiosa, tipicamente un bruciore acuto
Sintomi intestinali:
- La stitichezza è il sintomo intstinale più comune e può rappresentare un sintomo causale come la conseguenza di un prolasso. Definire il suo ruolo senza una specifica correlazione clinica potrebbe essere impossibile.
- Problemi di evacuazione: in caso di prolasso avanzato, la paziente può essere costretta assumere posizioni particolari, ridurre manualmente il prolasso o utilizzare le dita per consentire l’evacuazione.
Sintomi sessuali:
- Rigonfiamento vaginale
- Dispareunia: dolore genitale persistente o ricorrente che si verifica prima, durante o dopo il rapporto sessuale.
- Incontinenza coitale: perdita di urina durante i rapporti sessuali, sia alla penetrazione o durante l’orgasmo.
La funzione sessuale è strettamente correlata al prolasso genitale; in alcuni casi, il rapporto è evitato per dolori o difficoltà meccaniche, in altri casi per l’alterazione della visione del proprio corpo che può indurre le donne ad evitare i rapporti sessuali causando un forte impatto sulla qualità della vita della coppia.
Gli strumenti diagnostici a disposizione per cercare di oggettivare la clinica del prolasso sono rappresentati da:
- Questionari e interviste strutturate rappresentano un approccio metodico su diversi
ambiti della qualità della vita.
- Diario vescicale per indagare la frequenza ed i volumi delle minzioni con eventuali episodi di incontinenza.
L’esame obiettivo di una donna con prolasso genitale inizia con l’ispezione della cute vulvare e la valutazione del trofismo della mucosa vulvovaginale.
Dovrebbe essere eseguito un esame bimanuale per escludere le masse pelviche, per valutare la dimensione uterina e la presenza di fibromi, ed escludere un significativo volume vescicale residuo post minzionale.
La valutazione del grado di prolasso è più comunemente eseguita in posizione litotomica.
Nel prolasso avanzato la discesa è netta già a riposo, mentre se il prolasso è di grado minore, il medico dovrebbe chiedere alla paziente di tossire o di eseguire la manovra di Valsalva Storicamente, la gravità del prolasso è stata valutata utilizzando diversi sistemi di classificazione non uniformati.
L’introduzione del sistema di quantificazione del prolasso degli organi pelvici (POPQ) è diventato il sistema di classificazione standard. Esso definisce il prolasso mediante la misurazione della discesa di segmenti anatomici specifici attraverso la vagina durante Valsalva mantenendo come punto fisso l’imene che sembrerebbe essere un importante “punto di critico” per lo sviluppo dei sintomi.
- Stadio 0: senza prolasso
- Stadio I: la maggior parte del prolasso distale è più di 1 cm sopra l’imene
- Stadio II: la maggior parte del prolasso distale è compresa tra 1 cm sopra e 1 cm sotto l’imene
- Stadio III: la maggior parte del prolasso distale è più di 1 cm al di sotto dell’imene ma 2 cm più corto della lunghezza vaginale totale
- Stadio IV: eversione completa
Negli ultimi anni, l’ecografia sta assumendo un ruolo di primo piano nell’imaging del pavimento pelvico. L’approccio che meglio si presta allo studio dei genitali è quello transperineale.
La possibilità di eseguire uno studio dinamico permette una valutazione degli organi pelvici a riposo e dopo manovra di Valsalva che consente una quantificazione dettagliata del prolasso permettendo di visualizzare la vescica, l’uretra, le pareti vaginali, utero, canale anale e retto. Inoltre permette di valutare il Residuo post minzionale (PVR).
La risonanza magnetica (MRI) potrebbe essere utile per i casi più complessi di prolasso genitale, quando i risultati fisici sono equivoci o non spiegano i sintomi del paziente [39].
La risonanza magnetica è caratterizzata da un maggiore comfort del paziente, ridotta complessità, e ridotta invasività rispetto all’imaging radiografico, come la cistouretrografia, proctografia di evacuazione e cistocolpoproctografia.
Le pazienti possono essere riprese a riposo o mentre si sforzano o mentre defecano.
La valutazione dinamica è preferibile perché il prolasso può essere visibile solo con un aumento di pressione definendo la gravità dei difetti di supporto.
Il ruolo degli studi urodinamici (UDS) prima della chirurgia del prolasso è controverso e rimane uno dei temi più dibattuti in uroginecologia. POP e sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS) spesso coesistono in quanto possono avere un simile sottostante fisiopatologia. Fino al 96% delle donne con rapporto POP. Esistono pochissimi dati sul ruolo dell’UDS nella valutazione preoperatoria delle donne con POP. Gli ultimi consigli della Consulta Internazionale sull’Incontinenza per la gestione dei POP suggeriscono solo l’uso selettivo di UDS quando i risultati potrebbero modificare il trattamento pianificato.
È chiaro che l’UDS potrebbe aggiungere alcune informazioni nelle donne sottoposte ad intervento chirurgico potrebbe facilitare il counseling con le pazienti.
Il primo approccio terapeutico è rappresentato dalla ginnastica muscolare del pavimento pelvico (PFMT) soprattutto quando il grado di prolasso è blando. La ginnastica eseguita regolarmente aumenta la forza muscolare del pavimento pelvico e la sua funzionalità, aiutando a prevenire il peggioramento del prolasso e migliorando i sintomi specifici del prolasso come la sensazione di rigonfiamento vaginale o gli altri sintomi associati, come l’incontinenza urinaria e anale.
La PFMT può essere virtualmente offerta a tutti i pazienti con POP, poiché non vi è stato alcun effetto avverso. Pazienti con prolasso avanzato, che difficilmente possono risolvere il loro problema con la PFMT ma sicuramente migliorano i sintomi derivano dal POP.
Il vero meccanismo che sta alla base del suo effetto è sconosciuto.
Due ipotesi principali sulla sua modalità di azione implicano:
- Miglioramento del supporto strutturale del bacino, con conseguente posizionamento più alto dell’elevatore e degli organi pelvici, con restringimento delle aperture pelviche e un aumento del tono e della forza della PFM.
- Prevenzione della discesa degli organi pelvici durante la tosse o altri sforzi fisici mediante contrazione intenzionale della PFM, prima e durante l’aumento della pressione addominale
Altra opzione terapeutica è rappresentata dal posizionamento di un intruso vaginale capace di sostenere gli organi prolassati.
Il pessario rimane infatti ancora la più comune, efficace, poco costosa e sicura opzione non chirurgica per aiutare i pazienti alleviando i loro sintomi.
Esiste un’ampia varietà di procedure chirurgiche per la riparazione del prolasso. Questo indica che vi è una mancanza di consenso sull’approccio chirurgico ottimale.
Tradizionalmente, le operazioni per il trattamento del prolasso uterovaginale includono l’isterectomia anche in assenza di patologie uterine specifiche.
Recentemente tale approccio è stato messo in discussione. Sempre più donne chiedono la conservazione dell’utero per molti motivi, inclusi problemi di sessualità, immagine corporea e preferenze personali e culturali.
Inoltre la maggior parte delle procedure che mirano a sospendere l’apice vaginale possono essere eseguite con o senza isterectomia. Approcci che mirano ad un risparmio dell’utero non sono appropriati per le donne con storia di displasia cervicale, storia di sanguinamento postmenopausale o per coloro ad alto rischio per neoplasia uterina.
L’approccio chirurgico può essere per via vaginale o addominale. La riparazione fasciale per via vaginale prevede la colporrafia anteriore o posteriore per il comparto anteriore o posteriore, mentre il comparto mediano può essere trattato mediante culdoplastica sec. McCall, fissazione del legamento sacrospinoso, fissazione dell’ileococcigeo, sospensione della volta vaginale al legamento uterosacrale.
Il ruolo delle mesh sintentiche si è notevolmente ridotto negli ultimi anni a causa dei numerosi problemi intra-peri e postoperatori in questo tipo di chirurgia confermati da numerosi Warning dell’FDA o di SCENIHR.
L’approccio addominale prevede accesso laparotomico, laparoscopico o robotico. Le tecniche maggiormente utilizzate sono rappresentate dalla colposacropessi o colposospensione laterale.
In particolare la colposacropessi è indicata per il prolasso della volta vaginale, per il POP multicompartimentale e per il prolasso ricorrenten dopo una riparazione vaginale fallita. Per le pazienti più giovani (<60 anni) e sessualmente attive la colposacropessi fornisce un ripristino anatomico, risultati duraturi e meno dispareunia.