Il tumore della prostata: diagnosi e cura
Il carcinoma prostatico rappresenta una patologia di primaria importanza non solo in ambito urologico, ma medico in generale, dal momento che rappresenta il secondo tumore più diagnosticato al mondo nella popolazione maschile, con 1,4 milioni di diagnosi nel corso dell’anno 2020, ed addirittura il primo in quella italiana con ben 36000 nuove diagnosi nel 2020 [1,2].
Una ricerca eseguita su studi autoptici ha evidenziato come la prevalenza di tumore alla prostata nella popolazione over 79 oscilli tra il 48% ed il 71% [3]. Alla luce di questi dati epidemiologici si può certamente comprendere come questa patologia porti con sé tutta una serie di implicazioni non solo cliniche, ma anche socio-economiche ed in termini di salute pubblica.
L’aumento di incidenza di carcinoma prostatico in presenza di una storia familiare suggerisce una predisposizione genetica; tuttavia, solo una piccola sottopopolazione di uomini con tumore di prostata ha veramente una malattia ereditaria, definita come tre o più parenti affetti, o almeno due parenti che hanno sviluppato una forma ad insorgenza precoce (<55 anni).
Nonostante la sua importante prevalenza nella popolazione, il carcinoma prostatico non presenta altrettanto alti tassi di mortalità, avendo un tasso di sopravvivenza attualmente attestato al 91,4% a 5 anni dalla diagnosi [2]. La diagnosi precoce, l’aumento dell’accuratezza delle diverse tecniche diagnostiche e le numerose e sempre più innovative alternative terapeutiche a disposizione hanno giocato un ruolo chiave nel ridurne la mortalità negli ultimi anni. L’analisi dei livelli di Prostate Specific Antigen (PSA) sierico, unitamente all’esplorazione rettale, riveste un ruolo cardine nell’iter diagnostico del carcinoma prostatico, sebbene il suo utilizzo come esame di screening nella popolazione sia stato spesso oggetto di dibattito scientifico negli ultimi anni, in quanto il suo uso come test di screening non sembra ridurre la mortalità cancro-relata [4]. Secondo l’ultima edizione delle linee guida della European Association of Urology (EAU), il dosaggio del PSA sierico andrebbe proposto, previo attento counselling su rischi e benefici derivanti dall’esecuzione del test, alle seguenti categorie di rischio [5]:
- Uomini con >50 anni d’età;
- Uomini con >45 anni d’età e familiarità per carcinoma prostatico
- Uomini con >45 anni d’età con origini africane (aumentata incidenza)
- Uomini con >40 anni d’età portatori di mutazioni del gene BRCA2
È importante sottolineare come il dosaggio del PSA, da ripetere annualmente, vada sempre correlato alle condizioni ed alla storia clinica del paziente e all’esplorazione rettale digitale che permette all’urologo di rilevare nodularità o irregolarità a carico dei lobi prostatici. È inoltre importante sottolineare che nella maggioranza dei casi il carcinoma prostatico è del tutto asintomatico alla diagnosi, causando solo in fasi molto avanzate sintomi a livello locale (ematospermia, idronefrosi bilaterale, etc.) o sistemico (crolli vertebrali da metastasi ossee).
Nel corso degli ultimi anni un ulteriore importante ausilio nell’iter diagnostico del carcinoma prostatico è entrato nella pratica clinica urologica: la Risonanza Magnetica multiparametrica. Questa è una tecnica di imaging che combina immagini di risonanza magnetica nelle sequenze T2w, DWI e DCE (che prevede l’utilizzo di un mezzo di contrasto paramagnetico) e che permette di assegnare uno score di rischio tumorale alle varie zone della ghiandola prese in esame, con una buona sensibilità nell’individuare e localizzare i tumori con grado di differenziazione ≥2 secondo la classificazione del 2014 dell’International Society of Urological Pathology (ISUP), ossia forme di tumore definite “clinicamente significative”, con un grado di aggressività biologica maggiore e meritevoli di un trattamento attivo [6,7]. Le diverse aree della ghiandola verranno classificate secondo lo score internazionale PIRADS che assegna un punteggio da 1 a 5 a seconda del grado di sospetto clinico di malignità (1: tessuto normale; 5: tessuto fortemente sospetto per malignità).
La diagnosi di carcinoma prostatico è, tuttavia, solo istopatologica e nella maggior parte dei casi viene ottenuta dopo l’esecuzione di un esame bioptico in un paziente con sospetto clinico (sulla base del PSA, dell’esplorazione rettale e/o della RM) o, più raramente, come diagnosi incidentale su materiale analizzato dopo interventi disostruttivi per patologia benigna (TURP, HoLEP, etc.).
L’agobiopsia prostatica viene eseguita sotto guida ecografica e, se non sussistono particolari controindicazioni, in anestesia locale; essa prevede l’esecuzione di prelievi con l’ausilio di un ago “Tru-Cut” per via trans-perineale o per via trans-rettale. I prelievi possono essere effettuati in egual misura su tutte le zone della ghiandola – e si parla in tal caso di biopsia sistematica – o in maniera mirata su aree di sospetto individuate tramite Risonanza Magnetica Multiparametrica. Infatti, se tale esame ha evidenziato aree di grado PIRADS ≥ 3 è indicato effettuare dei prelievi mirati su queste aree grazie a specifiche apparecchiature che consentono la fusione delle immagini di risonanza magnetica con quelle ecografiche, che guidano “in tempo reale” la biopsia.
La biopsia con fusione delle immagini, o fusion biopsy, ha dimostrato essere superiore alla biopsia sistematica nell’individuare le neoplasie clinicamente significative sia nei pazienti biopsy naive [8], ovvero che non hanno mai effettuato una biopsia in precedenza, ma soprattutto in quelli con pregressa biopsia sistematica risultata negativa, nei quali può essere indicata anche l’esecuzione dei soli prelievi mirati [5].
Una volta accertata istologicamente la presenza di un carcinoma prostatico – a seconda della classe di rischio clinico valutata sulla base di PSA, grado di differenziazione istologica valutata secondo il Gleason Score e reperti all’esplorazione rettale e/o risonanza magnetica – potrebbe essere necessaria una stadiazione sistemica tramite imaging TC e scintigrafia ossea, per escludere la presenza macroscopica di metastasi ossee e/o linfonodali.
Una volta concluso l’iter diagnostico, al paziente potranno essere proposte varie opzioni terapeutiche prendendo in considerazione vari aspetti legati al tumore (tipo istologico, grado di differenziazione, stadiazione a livello locale e sistemico, livelli di PSA) e al paziente (età, comorbidità, terapie concomitanti, preferenze del paziente) nell’ottica di offrire una terapia che sia “tailored”, ossia cucita addosso ad ogni singolo paziente ed in modo da offrire il miglior controllo oncologico possibile col minor impatto possibile sulla qualità di vita.
Le terapie per il tumore di prostata, ad oggi comprendono:
- Chirurgia: l’intervento di prostatectomia radicale, ossia l’asportazione della prostata con successiva anastomosi tra vescica ed uretra, può essere eseguito con approccio open, laparoscopico o robot-assisted. Prevede il posizionamento di un catetere vescicale che va mantenuto circa 10 giorni ed una degenza media di 3 giorni. Può prevedere, a seconda dei casi, l’asportazione dei linfonodi iliaco-otturatori, sede più frequente di metastasi linfonodali da tumore di prostata. In casi selezionati è possibile preservare i fasci vascolo-nervosi che lambiscono la prostata per garantire un miglior recupero della funzionalità erettile dopo il trattamento.
- Radioterapia: nel caso della radioterapia, la ghiandola prostatica non viene asportata ma trattata dall’esterno con fasci di radiazioni. Il trattamento è effettuato dal Radioterapista e prevede varie sedute a seconda dei diversi schemi di trattamento.
- Ormonoterapia e Chemioterapia: destinate a pazienti con patologia in stadio avanzato o dopo recidiva di malattia. È in corso di studio la possibilità di utilizzare alcuni protocolli di ormonoterapia come terapia neoadiuvante in vista di chirurgia.
- Terapie focali (HIFU, elettroporazione, trattamento laser, etc.): in corso di studio. Destinate a casi altamente selezionati all’interno di trial clinici. Esistono varie tecnologie che permettono di trattare il tumore di prostata in maniera focale, con un minimo impatto sulla qualità di vita ed effetti avversi pressoché trascurabili.
Non sempre, tuttavia, è necessario un trattamento: è il caso della Sorveglianza Attiva e della Vigile Attesa.
La sorveglianza attiva può essere proposta a pazienti selezionati con determinate caratteristiche cliniche (bassi valori di PSA, bassa aggressività biologica del tumore, aspettativa di vita >10 anni). I pazienti rimangono sotto stretta sorveglianza attraverso programmi strutturati con followup regolare costituito da test del PSA, esame clinico, risonanza magnetica e biopsie prostatiche ripetute, con un trattamento curativo che verrà riproposto al paziente solo nel caso dovesse esserci evidenza di una malattia potenzialmente pericolosa per la vita che è ancora potenzialmente curabile, considerando l’aspettativa di vita individuale.
La vigile attesa, al contrario, si riferisce alla gestione conservativa della malattia prostatica in pazienti con aspettativa di vita minore (pazienti molto anziani con multiple comorbidità), fino allo sviluppo di progressione locale o sistemica e sintomatologia cancro-correlata. I pazienti sono quindi trattati solo dopo la comparsa di sintomi al fine di mantenere un’accettabile qualità di vita.
Culp, M.B., et al. Recent Global Patterns in Prostate Cancer Incidence and Mortality Rates. Eur Urol, 2020. 77: 38.
AIOM-AIRTUM. I numeri del cancro in Italia. Brescia: Intermedia Editore; 2021
Bell, K.J., et al. Prevalence of incidental prostate cancer: A systematic review of autopsy studies. Int J Cancer, 2015. 137: 1749.
Hayes, J.H., et al. Screening for prostate cancer with the prostate-specific antigen test: a review of current evidence. JAMA, 2014. 311: 1143.
EAU Guidelines. Edn. presented at the EAU Annual Congress Amsterdam 2022. ISBN 978-94-92671-16-5.
Epstein JI, Egevad L, Amin MB, Delahunt B, Srigley JR, Humphrey PA; Grading Committee. The 2014 International Society of Urological Pathology (ISUP) Consensus Conference on Gleason Grading of Prostatic Carcinoma: Definition of Grading Patterns and Proposal for a New Grading System. Am J Surg Pathol. 2016 Feb;40(2):244-52. doi: 10.1097/PAS.0000000000000530. PMID: 26492179.
Bratan, F., et al. Influence of imaging and histological factors on prostate cancer detection and localisation on multiparametric MRI: a prospective study. Eur Radiol, 2013. 23: 2019.
Drost, F.H., et al. Prostate MRI, with or without MRI-targeted biopsy, and systematic biopsy for detecting prostate cancer. Cochrane Database Syst Rev, 2019. 4: CD012663.